9. Impegnarsi per il giusto riconoscimento economico della professione medica

Dall’analisi condotta dall’O.C.S.E. (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) è emerso che gli stipendi medi di un medico in Italia sono tra i più bassi in Europa: 110 mila dollari all’anno per i medici italiani, 70% in meno dei tedeschi ( 187 mila dollari), 41% in meno degli spagnoli, 40% in meno dei britannici, 27% in meno dei belgi e 8% in meno dei francesi. Queste discrepanze mortificano la professione medica e favoriscono la fuga verso il privato o all’estero dei medici con perdita dei neolaureati e delle eccellenze.

 

Oltre alla bassa remunerazione, le condizione di molti medici ospedalieri sono ulteriormente peggiorate dalla carenza di personale che determinano aumento del carico di lavoro, eccedenza cronica di straordinario, turni eccessivi senza riposi, difficoltà ad usufruire delle ferie, impossibilità di avvalersi dei permessi per l’aggiornamento professionale. Questi fattori rendono ulteriormente sproporzionato verso il basso il trattamento economico rispetto all’effettivo impegno lavorativo prestato. Sono soprattutto i reparti ed i servizi di emergenza-urgenza (DEA, Anestesia, Terapia Intensiva) a riportare le maggiori carenze di medici a causa dei turni estenuanti, degli stipendi poco competitivi e del rischio di aggressioni che rendono questi settori della Medicina poco scelti nei corsi di specialità(1). Questo fenomeno allarmante deriva da politiche e scelte sbagliate degli anni passati e ancora presenti e si sta diffondendo anche ad altre specialità.

Come risultato dell’inadeguata retribuzione e degli eccessivi carichi di lavoro molti medici dipendenti del SSN si sono licenziati per svolgere attività privata al fine di autogestire il loro impegno lavorativo e di ottenere ad un trattamento economico proporzionato all’attività effettivamente svolta. D’altra parte questa scelta di “lavoro a gettone” li espone a precarietà, ad insicurezza e alla mancanza di tutele fondamentali come il riconoscimento della malattia e delle ferie garantite invece al personale assunto. Inoltre, un lavoro da “pendolare” e “a chiamata” condiziona la possibilità di integrazione in un gruppo, di svolgere un lavoro d’equipe, di creare legami professionali e non solo, di maturare uno spirito di appartenenza e di collegialità e di sviluppare progettualità a lungo termine. Un sistema lavorativo del genere, inoltre, non può garantire continuità e qualità di cura per il malato, principi che si fondano su unità, stabilità e costanza del personale medico e dei trattamenti.

È chiaro che se a questi professionisti fossero o fossero stati garantite condizioni di lavoro adeguate e remunerazioni congrue questo esodo verso la prestazione privata non si verificherebbe e la tendenza verso una sanità prevalentemente privata si potrebbe ridurre.

1. https://www.ilpost.it/2023/10/11/iscritti-specializzazioni-pronto-soccorso/


Ci proponiamo pertanto di:

  • favorire iniziative per raggiungere un appropriato stipendio ai Medici;
  • Promuovere un adeguato riconoscimento dell’anzianità, delle competenze e delle specializzazioni secondo criteri trasparenti di meritocrazia e di esperienza;
  • intervenire sulla politica nazionale atta a promuovere il welfare aziendale che genera un mercato sconfinato per il terzo pagante (assicurazioni), non regolamentato e dannoso per medici e cittadini. È necessaria l’introduzione del tariffario minimo per non ledere l’onorabilità economica del medico e la salute del paziente, a cui devono attenersi anche i terzi paganti. Il paziente, ingenuamente pensa che una terapia gratuita o sottopagata sia eseguita con gli stessi materiali, tempi e tecnologie di una terapia remunerata correttamente e questa ingenera ovvio danno per la salute. I terzi paganti danneggiano anche la libera concorrenza, accreditando strutture e liberi professionisti con convenzione diretta, e di fatto screditandone altre, inficiando ed influenzando la libertà del paziente nella scelta del curante.